La civiltà sumera fu
certamente la più grande ed antica civiltà mai comparsa sulla faccia della
Terra. Nasce, poco prima della civiltà Egiziana, nella fertile terra d'Asia
in una fascia compresa fra il fiume Tigri e l'Eufrate. Nel periodo sumerico
ed akkadico, per tutti i secoli di supremazia della città di Ur, per
intenderci oltre 5.000 anni fa, si ricavava dall'orzo, prodotto principale
dell'agricoltura di allora, una bevanda nazionale, molto simile alla nostra
birra, che veniva chiamata "se-bar-bi-sag", letteralmente "bevanda che fa
veder chiaro". In effetti, visto il suo contenuto alcolico, più che
schiarire, appannava la vista di chi sprovvedutamente ne avesse bevuta
troppa, ma il folcloristico nome deriva da una antica leggenda di cui
parleremo più avanti. Babilonia fu per
1.500 anni il centro della civiltà mesopotamica. Sorprendente la sua rete di
fognature, autentico miracolo di ingegneria; straordinari i suoi giardini
pensili per i quali era famosa ed erano annoverati fra le sette meraviglie
del mondo. Famosa la sua torre, tipica costruzione ricorrente in molte città
del tempo, ma che a Babilonia raggiungeva la non indifferente altezza di 90
metri, identificata in tempi moderni nella biblica "torre di
Babele". Famosissimi erano i suoi
tessuti che sapeva produrre di ottima qualità e con colorazioni raffinate.
Famosa la "moda Babilonese", esportata con successo ovunque, indumenti che
lasciavano scoperto il seno - antesignano "topless" - ad esaltare la
bellezza delle loro donne, pienamente integrate nel tessuto sociale,
considerate fra le più belle del mondo conosciuto. Ma ancora più famosa era la se-bar-bi-sag che preparavano di
svariata ed ottima qualità, oggetto di commercio e intenso scambio in tutta
la Mesopotamia ed oltre. Descrizioni
molto precise sui procedimenti di lavorazione, oltre alle immancabili
minuziose contabilità di produzione, scorte e commercio, si trovano nei
"Codici hammurabici". Hammurabi fu un
grande Re babilonese che regnò dal 1728 al 1686 a.C. Durante il suo lungo
regno - 42 anni per quei tempi era un autentico record - costruì templi,
fortificazioni, canali di irrigazione, compì possenti imprese di guerra per
le quali fu chiamato "Re delle quattro parti della Terra", con ciò
intendendosi tutto il mondo allora conosciuto. Più famosa ancora fu la sua
capacità di legislatore, tanto da essere dai posteri ricordato come il Mosé
babilonese. Nei codici, opera di grandissima mole, composti da 282 articoli,
oltre un prologo ed un epilogo, raccoglie leggi e regole di vita per il suo
popolo. Fra queste tavolette di argilla redatte nei caratteri cuneiformi in
lingua accadica, ve ne sono appunto alcune che illustrano puntigliosamente
come deve essere preparato il "vino di datteri" e la se-bar-bi-sag. E'
sorprendente notare come tale procedimento, siano ancora oggi valido nella
sua essenzialità: maltizzazione, macinatura, lievitazione, cottura,
filtraggio, aromatizzazione. La
fabbricazione era estremamente semplice ed efficace. Selezionavano dal
raccolto annuale il migliore orzo, che veniva posto ad inumidire sino a
quando principiava la germinazione, quindi veniva messo ad asciugare al sole
e quando era ben secco, si macinava e si impastava con acqua formando dei
pani. Quando questi erano spontaneamente lievitati, si ponevano a cuocere a
forno molto caldo, in modo che si formasse rapidamente la crosta, mentre
all'interno la pasta doveva rimanere molliccia. Per ottenere la birra,
questi pani venivano frantumati e posti a cuocere con abbondante acqua in
grandi recipienti di terracotta, quindi, al liquido filtrato, si
aggiungevano erbe aromatiche, come la salvia ed il rosmarino. Tutto ciò
avveniva sotto lo stretto controllo dello Stato, l'unico e solo ad avere
diritto a tali produzioni, e la lavorazione ufficiale veniva fatta nei
locali delle cantine reali, dai prestigiosi "gal-bi-sag", i Mastribirrai
dell'epoca, utilizzando apposite giare e vasi sui quali spiccavano, oltre ai
simboli dell'orzo e della birra, i sigilli reali. Largamente diffuse erano le produzioni contadine e familiari,
anche queste sotto l'attento controllo dello Stato che imponeva tasse e
balzelli con specifiche concessioni di produzione. Nulla di nuovo sotto il sole! Ingegnosa, e, a dir poco, curiosa, la conservazione del
frumento nelle anfore granarie. Prima di sigillarle ermeticamente con cera
d'ape, ponevano all'interno alcune piccole tartarughe le quali, respirando,
consumavano tutto l'ossigeno, assicurando così la migliore conservazione.
Insomma, primordiale ma efficace sottovuoto! In tempi recenti, sono state
ritrovate alcune di questi recipienti sottovuoto alla tartaruga e le
granaglie si presentavano ancora in un accettabile stato di conservazione.
Il più noto ed autorevole bevitore di
birra del mondo antico, fu il mitico eroe babilonese Enkidu, così come viene
narrato nella epopea di Gilgamesch. Nella biblioteca del Re Assurbanipal a
Ninive, furono ritrovate, nel 1850, una notevole quantità di tavolette di
argilla incise con caratteri cuneiformi. Trasferite nel museo di Londra,
rimasero a dormire sino a quando George Smith ne scoprì, nel 1872 la chiave
di lettura, riportando alla luce, fra l'altro, la più antica e suggestiva
epopea dell'umanità, più antica di millenni della stessa Babilonia. In dodici libri si racconta di Gilgamesch, re
di Uruk, vissuto in Mesopotamia circa 2.500 anni prima, e che si diceva
essere figlio di una dea e di un demone. Egli governava con estrema durezza,
tiranneggiando il popolo ed abusando delle donne a suo piacere, compiendo le
peggiori efferatezze con brutale perfidia. Gli dei decisero allora che era
tempo di por freno alla scelleratezza di quel re e crearono dall'argilla un
essere umano che sarebbe dovuto diventare il complemento positivo di
Gilgamesch, contrastando e correggendo il tiranno. Lo inviarono sulla Terra
ove crebbe in libertà nella foresta, al solo contatto della natura. Uomo
primitivo e selvaggio, era ancora incapace di parlare e di ragionare; doveva
quindi acquisire coscienza, sapere e saggezza, ed allora......
Egli bevve della se-bar-bi-sag ne bevve sette volte il suo
spirito si sciolse egli parlò ad alta voce il suo corpo si riempì di
benessere il suo volto si illuminò......
Formidabile questa birra
babilonese! Continuano le tavole
narrando l'incontro dei due eroi, come questi si affrontarono in una
titanica lotta nella città di Uruk, e che viene così descritta:
Enkidu ostruì la porta con un piede non lasciò entrare
Gilgamesch. Si affrontarono come tori frantumarono lo stipite della
porta il muro tremò......
Dalla lotta escono
entrambi vincitori; il tiranno fisicamente, Enkidu moralmente poiché,
diventando suo intimo amico, ne corregge i difetti conferendogli generosità,
saggezza e misericordia, così come avevano voluto gli dei. Insieme compirono mirabolanti e cruente
imprese, in quell'antico mondo popolato da mostri. Affrontarono ed uccisero
il gigante Khumbaba, custode della foresta dei cedri, rendendola finalmente
accessibile all'umanità. Per festeggiare si abbandonarono ad una formidabile
bevuta di birra che li tenne fuori coscienza per giorni e giorni. In preda
ai fumi dell'alcol, contravvenendo alle leggi divine, nell'esaltazione della
loro lotta, uccisero quindi il Toro Celeste. Per punizione gli dei fecero
morire Enkidu di malattia. Pazzo di dolore ed in preda alla paura della
morte, Gilgamesch vagò per il mondo sino a quando scoprì le porte degli
Inferi, che attraversò alla ricerca dell'immortalità. Nel suo viaggio
ultraterreno incontrò Uta-Napisthim, suo antichissimo antenato, l'eroe
babilonese del diluvio universale. E'
questo l'undicesimo libro, il passo più bello di tutta l'epopea. Si racconta
che gli dei, per punire gli abitanti di Suruppak delle loro malefatte,
decisero di scatenare il diluvio universale. Ne informarono Uta-Napisthim al
quale ingiunsero di costruire una imbarcazione sufficiente a contenere tutti
i suoi familiari ed un esemplare maschio ed uno femmina di tutti gli animali
conosciuti. Ovviamente il nostro eroe non dimenticò una abbondante razione
di orzo nonché i capaci recipienti di terracotta con i quali preparare la
sua se-bar-bi-sag personale. Il
diluvio si scatenò, durò sette giorni e seppellì tutta la terra. Quando la
pioggia cessò, Uta-Napisthim cercò di individuare dove le acque,
ritirandosi, lasciavano scoprire la terra; fece uscire prima una colomba,
poi una rondine ma entrambe tornarono. Quando fece uscire il corvo e questo
non fece ritorno, capì che aveva trovato terra e cibo e comprese che il
diluvio era finito. Gilgamesch non
trovò l'immortalità, ma trovò la saggezza dell'uomo maturo che gli permise
di regnare indisturbato per lunghi anni, finalmente amato dal suo
popolo. Ma andiamo ancora più in
dietro nel tempo, sino alla nascita degli dei ed alla nascita del mondo
stesso. Marduck, il dio solare
babilonese, prima di ingaggiare la sua tremenda lotta contro il drago
Tiamet, signore e padrone del caos, convoca tutti gli dei e brinda con loro
con abbondanti libagioni di se-bar-bi-sag quale auspicio di vittoria. Sarà
stato per la ben nota potenza della straordinaria birra babilonese, sarà
perché così era scritto nell'ordine delle cose, il dio solare sconfigge il
dio delle tenebre dopo una titanica lotta che lo vede morire e rinascere un
numero infinito di volte e, con la sua vittoria, crea dal nulla la luce del
sole. Marduck é legato al concetto
della fertilità e del succedersi delle stagioni; é una divinità potentissima
che muore e risorge a simboleggiare il letargo invernale ed il risveglio
della primavera. Veniva festeggiato tutti gli anni ed i Misteri di Marduck
si celebreranno ancora nell'età classica, all'inizio dell'anno babilonese
che coincideva con l'inizio della primavera. La processione partiva dal tempio del dio, preceduta da una
sua gigantesca statua e seguita da una lunga teoria di otri di birra e di
animali sacrificali. Convergevano a Babilonia una immensa folla di popolo,
proveniente da tutte le regioni della Mesopotamia, e, per tutto il tempo dei
festeggiamenti, bevevano ininterrottamente birra in onore del dio, a ricordo
della sua lotta contro Tiamet, e per allontanare lo spirito delle tenebre.
Dopo quattro giorni, diciamo così, di sacrificio, venivano immolati nel
santuario del dio un agnello ed un montone i quali, gettati nel fiume,
portavano via con loro tutti i peccati del popolo, assolvendolo in
toto. Assurbanipal é il porta bandiera
di titanici banchetti ed orgiastiche libagioni. Ultimo di trenta re dell'Assiria, passato alla storia con il
più noto nome latino di Sardanapalus, viene descritto da Erodoto come il re
potentissimo della città di Sard, un re che amava vestirsi e truccarsi come
una donna. Era dedito al bere - naturalmente birra - ed al sesso con
particolare tendenza verso i maschietti, pur non disdegnando le numerose
ancelle del suo harem. Nelle solite tavolette cuneiformi, si legge
testualmente che "alla sua mensa la birra scorreva a fiumi" ed il cibo si
consumava a montagne in giorni ininterrotti di lussuriosi festeggiamenti. La
sua filosofia di vita era, come egli stesso ha fatto incidere sul suo
monumento funebre, "nulla al mondo conta, tranne mangiare, bere e far
l'amore. Tutto il resto vale solo quanto uno schioccar di dita" Per questo
la sua statua funeraria lo effigia nell'atto di schioccare le dita. Se tanto frivolamente visse, virilmente seppe
morire. Quando il ribelle Arbace, alla testa di Persiani, Medi e Babilonesi,
dopo tre anni di assedio riuscì a conquistare la città di Sard, trovò che
Sardanapalus aveva fatto costruire una immensa pira sulla quale si era
assiso, con tutti i suoi averi ed i suoi familiari, ed imperterrito si era
dato fuoco. Scavando ancora indietro
nella storia, non possiamo trascurare Sargan il Grande, fondatore della
prima dinastia semitica, nel 2.528 prima di Cristo. Sentiamo come il re stesso racconta le sue
origini: "Io sono Sargan, Re forte, Re di Akkad.
Mia madre era una sacerdotessa, mio padre un semidio. Mia madre mi concepì
di nascosto, mi pose in una cesta di giunchi e sigillò il coperchio. Mi pose
nel fiume -l'Eufrate- che non mi inghiottì. Il fiume mi sostenne e mi portò
da Akki l'agricoltore. Questo mi lavò nella se-bar-bi-sag, mi allevò come un
figlio e fece di me un giardiniere." - il lavacro nella birra rivestiva
carattere di sacralità, come una sorta di battesimo, trasmettendo il vigore
della bevanda e la fertilità delle messi. Ancora una volta abbiamo la prova che la Mesopotamia fu la
grande culla della nostra civiltà; da questa provengono gran parte delle
nostre leggende, da quella del Diluvio Universale, a quella di Romolo e
Remo, a quella di Enea con la sua discesa negli Inferi, a quella di
Mosé. Alla maggiore età, ovvero al
compimento del quattordicesimo anno, Sargan viene presentato alla corte del
re Ur-Zababa dove in breve giunge l'altissimo grado di Coppiere, con il
compito di custode delle sacre coppe reali nelle quali era tenuto
personalmente a versare le bevande al re, vino di datteri e birra. Con una
congiura di palazzo, evento consueto all'epoca, uccide il re, conquista il
potere e fonda la città di Akkad, dove trasferisce la capitale con la sua
corte. Grande conquistatore, estende il suo regno dal Golfo Persico alla
Siria alla Anatolia, tutto il mondo conosciuto, meritando giustamente il
titolo di Re dei quattro angoli della Terra, raggiungendo in 56 anni di
regno un immenso potere e prestigio. Ogni anno ricordava le sue origini sacre, proclamando
grandiosi festeggiamenti ad Akkad ai quali partecipava una strabocchevole
folla proveniente appunto dai quattro angoli della terra. Impalmava una
vergine sacerdotessa dalla cui gestazione si traevano auspici di fertilità e
quindi compiva pubbliche abluzioni di birra in ricordo del suo salvataggio
dalle acque dell'Eufrate. Seguivano
ovviamente le immancabili processioni ed i festeggiamenti si protraevano per
giorni e giorni ed al popolo osannante venivano distribuiti migliaia di otri
di se-bar-bi-sag e montoni e buoi arrostiti in un'orgia di birra cibo e
sesso da far impallidire i più impenitenti gaudenti. Una specie di Oktoberfest ante litteram! Nei secoli successivi, molto tempo dopo che fu
estinta la dinastia dei sarganidi, durata un millennio, nella tradizione
sacra popolare si continuavano a tramandare i riti sarganidi, legati al mito
della fertilità e della procreazione, e la birra rivestiva il doppio
carattere di bevanda sacra, per la sua origine divina, e di festosa bevanda
di uso comune. Meno edificante era
l'uso che faceva della birra Nabucodonosor (604-562 a.C.), in certe
particolari quanto frequenti occasioni della sua vita. Fu un grandissimo e
prestigioso Re che seppe portare il suo regno al massimo sviluppo attraverso
grandi campagne belliche dalle quali riportava immancabili vittorie. Ma non
fu solo un grande re guerriero, fu anche un raffinato architetto o comunque
uomo capace di servirsi dei migliori artigiani che offriva la piazza. Di
grandiosa imponenza il suo esagil - il palazzo reale - ricco di affreschi e
di statue di squisita fattura. Mirabolanti le mura che cingevano Babilonia,
rendendo la città imprendibile da qualsiasi nemico. Di strabiliante bellezza
la Porta di Istar, porta principale e strada di accesso alla città,
interamente ricoperte di bassorilievi in ceramica che raffiguravano la dea
ed una processione di tori alati, la cui vista, presso il Museo Archeologico
di Berlino, suscita ancora oggi profonde emozioni. Ma Nabucodonosor era anche tristemente famoso per la tecnica
con la quale era solito liberarsi delle sue innumerevoli amanti, quando ne
era stanco. Con la scusa di farle partecipi di sacri lavaggi in onore della
dea Nidaba, le faceva immergere in una grande piscina colma di se-bar-bi-sag
avendo cura di far loro indossare tutti i gioielli della corona. E' facile
intuire che le poverette, per il gran peso dei preziosi monili, annegavano
miseramente - nulla poteva o bere o affogare viste le dimensioni della
piscina - mentre il buon Nabucodonosor assisteva all'evento commemorando e
tessendo le lodi e le capacità amatorie delle sue amate con canti e
libagioni. Anche questo Re deve essere
stato un formidabile bevitore di birra, almeno stando al folto numero di
amanti che si dice abbia avuto! Nel
vasto olimpo delle divinità sumere spiccava, per importanza specifica,
Nidaba, dea del frumento, protettrice dei gal-bi-sag - gli abili preparatori
reali - e quindi patrona della birra. Questa divinità veniva onorata, in
occasione delle innumerevoli feste ricorrenti annualmente, con collettive
bevute di birra che, nei santuari, veniva distribuita gratuitamente e in
grandi quantità alla popolazione. Ci è
stata tramandata una vastissima documentazione, frutto di ricerche e
scoperte archeologiche, circa l'uso ed il costume birrario delle antiche
popolazioni sumeriche. Un gran numero di tavolette cuneiformi ci narrano di
contabilità, di commercio, di donazioni nei santuari per onorare le diverse
divinità, di sistemi di produzione e di usanze sacre. I musei di tutto il
mondo sono pieni di anfore da birra e da orzo, con impressi i rispettivi
simboli, e di vasi istoriati con scene di raccolto del frumento, scene di
fabbricazioni della bionda bevanda e scene di processioni nelle quali
spiccano fra tutte le anfore birrarie.